giovedì 2 luglio 2009

Falso storico e critica alla modernità

Riguardo all'interessante post apparso su DE ARCHITECTURA in questi giorni, Riflessioni sul "Falso storico" (del quale ne consiglio vivamente la lettura), vi riporto il mio commento.....
che magari esce fuori tema, ma che mi è sembrato necessario avendo l'impressione che nel testo vi sia una sorta di snobismo per l'architettura moderna.

Parlare dei Futuristi come "formazione studentesca distorta in nome del modernismo, stregata da una folle visione" e addossargli le colpe di quello che è il patrimonio edilizio italiano mi sembra ingiusto. In questo scritto noto molto astio nei confronti del movimento moderno, visto come tiranno, approfittatore e subdolo artefice di tutti i mali relativi all'edilizia contemporanea. Io (essendo uno sfegatato ottimista) vedo in quei personaggi molto coraggio (magari anche molta incoscienza) e nutro per loro un profondo rispetto. Ora, la questione credo sia più tosto lunga, non vorrei essere prolisso, ma intendo difendere chi non si è accontentato di raccogliere, ma ha cercato anche di seminare, non si è limitato ad imparare ciò che gli veniva insegnato dai professori, dai libri, dal passato ecc... ma ha voluto capire (a sue spese) cosa c'è dietro, non dietro l'edilizia o dietro il "bello", ma dietro l'architettura. Sicuramente ci sono esempi terrificanti di architettura moderna, ma sono pur sempre ricerca, sono trampolini per andare oltre. Sbagliare è molto più utile di far bene (a volte), rende i limiti visibili. E riguardo ai "bellissimi" centri storici italiani, agli elegantissimi esempi di architettura classica, ai fregi, agli ornamenti....messi in contrapposizione con le degradate periferie, con le unità d'abitazione, con la severa edilizia moderna....sia demagogico. L'edilizia classica era fatta si di templi, basiliche, fori romani, ville e residenze principesche; ma anche da baraccopoli di gran lunga peggiori delle favelas brasiliane e se era un fenomeno di poco conto, lo si è dovuto solo alla loro poca estensione (la popolazione rurale era di gran lunga superiore a quella cittadina). Ora grazie al progresso e all'abbattimento dei costi dell'edilizia moderna, a tutti (o quasi) è stata data la possibilità di vivere in abitazioni dignitose, che non siano al pari dei centri storici mi sembra scontato, c'è una disparità di costi e di congestione enorme. A questo punto tirerei in ballo Rem Koolhaas e il suo Junkspace, nel quale enuncia le teorie del Junkspace (appunto), della Città Generica e del Bigness. In conclusione, tra i molti problemi dell'Architettura contemporanea penso che se ne possano tranquillamente eliminare un paio: il Falso e il Brutto. E a monte di tutto farei una distinzione tra "A"rchitettura, architettura ed edilizia.
P.S. Per quanto riguarda un po' tutti i temi, getterei anche un occhio ad oriente (o anche ad occidente tanto è uguale) nel lontano Giappone, che seppur estremamente legato alle proprie tradizioni, è riuscito a "produrre modernità" e trovare un giusto compromesso.
P.P.S. (Se non sbaglio alle spalle del Foro di Augusto c'era la Via Suburra, uno dei luoghi più "sporchi" e pericolosi della Roma antica)

13 commenti:

Pietro Pagliardini ha detto...

Non mi ero accorto nel commento che tu avessi un blog e ci sono capitato grazie al mio contatore che traccia le visite dai siti.
Vedo che, nonostante le differenze, facciamo riferimento agli stessi blog e siti!
Complimenti
Pietro

Maurizio Arturo ha detto...

Grazie mille Pietro, diciamo che ci provo.
Veramente io faccio riferimento anche al tuo di blog...heheh...
Se ti capiterà di leggere qualche post, noterai che in fondo non la pensiamo in modo molto differente, è solo che mi piace criticare e sviscerare gli argomenti, ponendo di fronte ad ogni tesi più ostacoli possibile; diciamo che è un mio metodo d'indagare alla ricerca dell'Architettura (quella officinalis).

Pietro Pagliardini ha detto...

Compatibilmente con il tempo che scarseggia ti verrò a trovare. Anche a me piace l'atteggiamento di coloro che mettono in discussione le certezze, che vogliono capire meglio, che non si accontentano di quello che sembra definitivo, però su certi principi non derogo.
Io parto dal fatto che l'urbanistica moderna è un fallimento totale e senza appello. Non è necessario essere architetti per rendersene conto. Non si può trovare niente di buono nella città moderna e contemporanea e continuare a difenderla tessendo le lodi delle periferie (cioè tutto ciò che è stato costruito dagli architetti dal dopoguerra in poi)vuol dire restare attaccati ad un pensiero non solo sbagliato ma direi perverso.
Individuato il male è sulla cura che c'è campo di discussione.
Saluti
Pietro

Maurizio Arturo ha detto...

Visto che per problemi tecnici (spero) non mi è possibile continuare la discussione su De Architettura, ho deciso di postare quì i miei commenti che sono stati inseriti.

E voglio accompagnarle con una stringata e pungente critica:
"Gli accademici pensano seriamente di avere ancora il coltello dalla parte del manico?"

Quì di seguito i miei 2 commenti:

Se si parla di Architettura Moderna, si deve parlare anche di pittura, scultura e arti in generale (visive, olfattive, tattili e uditive) come spiega il Sedlmayr in "La rivoluzione dell'arte moderna".
Quell'avanguardia è divenuta si accademia, ma ben più elastica e flessibile di quella che ha soppiantato, però è costretta a giocare sulla difensiva, sapendo che il proprio cammino avviene su sabbiemobbili.
Credo che sia altrettanto una camicia di forza mentale pensare che quella cultura abbia fallito, in realtà "sta fallendo", il suo epilogo non si è ancora esaurito.
Non era mia intenzione banalizzare, volevo solamente ricordare che la periferia non è il centro storico e non avrà mai caratteristiche neanche simili (per questo mi rifacevo alla Città Generica di Koolhaas), io per baracche intendevo proprio le baracche, l'architettura spontanea (l'architettura vulgaris di De Rubertis), quell'edilizia non progettata a priori e che è il luogo delle metamorfosi dell'architettura.
Banalizzare è facilissimo vista l'estenazione della materia, ed è facilissimo caderci, per esempio potrei ribattere che il valore di un immobile è lontanissimo dalla bontà dell'edificio, dipende al contrario dalla posizione dello stesso (e dalla "luce" riflessa sull'edificio da forze completamente estranee all'Architettura).
La dignità di scatolette alte 2,70m sovrapposte la conosce chi una villa con giardino o un'appartamento in un palazzo dell'espansione ottocentesca non può permetterselo (e non mi sembra che queste tipologie prevedano ampi pianerottoli).
E se pensa che l'energia elettrica, l'acqua corrente, il riscaldamento, l'informatica, l'igiene domestica, il wc, la doccia ed il bedet siano indifferenti al "tipo" di architettura.....la vostra banalizzazione diviene difficilmente giustificabile.

Non avevo letto il commento del Professor Mazzola, che spero mi perdoni per la mia ingenuità, ma la mia visione dell'Architettura credo sia diametralmente opposta alla vostra.
Stento comunque a credere che un edificio di 5 piani in muratura, a ridosso delle mura Aureliane, con tetto a falde e decorazioni in travertino costi meno di un'edificio a torre costruito con prodotti semiprefabbricati a Tor Bella Monaca.
Sono concorde sulla superiorità dell'edilizia popolare fino alla caduta del Fascismo, ma bisogna mettere sul tavolo altri fattori, come la ricostruzione post bellica, la speculazione, i diversi poteri agenti, il bisogno impellente di case in città, il consumo di suolo, la difficoltà di operare con numeri di molto maggiori di quelli sui quali si operava in precedenza.

I miei tentativi di continuare il discorso, in toni addirittura più pacati, credo (spero) siano andati falliti per cause tecniche.
Non mi pare di aver detto eresie.

Vi suggerisco comunque di seguire il blog De Architettura, molto molto interessante...soprattutto per chi come me e come Salvatore D'Agostino (Wilfing Architettura) sa guardare nel buio e pazientare, senza bisogno di troppe certezze.

Pietro Pagliardini ha detto...

Maurizio, non so quali siano i non funzionamenti. Io non trovo tuoi commenti nella mia posta.
Mi permetto di prendere il tuo commento su questo blog che mi è arrivato come comunicazione e pubblicarlo come commento sul post di Mazzola.
Figurati se censuro un comemnto del genere!!! Mi è arrivato ora un commento di Salvatore che ha quell'abitudine estremamente antipatica a pontificare dall'alto non sulle idee ma sulle persone e l'ho pubblicato!
Mi prendo però la libertà di non rispondergli, questo sì, credo sia un mio diritto.
Saluti
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

Maurizio, mi correggo, i tuoi due commenti erano già regolarmente pubblicati. Io non ci sto a capire niente.
saluti
Pietro

Maurizio Arturo ha detto...

Si pietro, non erano questi i commenti che non ti sono pervenuti, ne scrissi altri 3.
Uno sul movimento moderno, uno sui professori universitari d'architettura e un'altro neanche lo ricordo.
Mi scuso per le illazioni, ma è successo per ben 3 volte, il dubbio, permettimi, era fondato.

Maurizio Arturo ha detto...

"Possono precludermi il mare e la terra,
ma il cielo è certamente libero:
Andremo via per di là."
Dedalo
Metamorfosi VIII (Ovidio)

Pietro, che la periferia moderna sia un esperimento fallito è un dato di fatto, lungi da me pensare il contrario.
Che la dimensione sia anti-urbana e anti-umana....come facevano a prevederlo?
Te puoi inveire contro il movimento moderno solo perchè è esistito e ci ha lasciato molto (di buono e di pessimo).
Ti ripeto, non sono un seguace del movimento moderno, però con un po' di serendipidità ti accorgerai che ha aperto le porte su un mondo nuovo, esotico ed esaltante.
Uno dei primi post sul mio blog Frustrazioni Architettoniche, trattava il mito di Dedalo e Icaro.
Ebene, la similitudine mi sembra sconcertante.
Icaro è un po' il movimento moderno, ha sbagliato nel voler volare troppo in alto, ma è stato salvato da Atena dea del sapere.
L'esperienza può venire solo quando non si raggiungono i risultati sperati.

Quindi lode agli architetti moderni, che arrivati ad un bivio (magari creato da loro stessi) hanno avuto il coraggio di proseguire e imboccare una delle due strade, che magari non era quella giusta, ma ora noi sappiamo che di li non dobbiamo passare.
La loro colpa non è stata quella di produrre luoghi anti umani, ma solo di non aver abbastanza informazioni per fare di meglio.
Noi ora abbiamo un punto dal quale partire proprio grazie a loro.
Che lo vogliate o no tutta l'architettura è parametrica, anche quella tradizionale.

Per quanto riguarda l'architettura spontanea (Architectura Vulgaris) la ritengo "anche" brodo primordiale di grammatiche architettoniche, facilmente intuibili se invece di andare 10 volte a studiare i fori (cosa giustissima per carità) fino all'ultima scheggia, si provi a riflettere anche in modo leggero sulla periferia abusiva.

Riguardo alle favelas e agli eventi mass mediatici tipo biennale (che aborro). In più di una di queste mostre sono stati esposti lavori di ricerca e rilievo dinamico effettuati proprio sulle bidonville sud americane.
Il prof. Roberto de Rubertis su tutti da anni studia le dinamiche urbanistiche e architettoniche di questi luoghi.

Saluti
Maurizio

Salvatore D'Agostino ha detto...

Maurizio,
«Per quanto riguarda l'architettura spontanea (Architectura Vulgaris) la ritengo "anche" brodo primordiale di grammatiche architettoniche, facilmente intuibili se invece di andare 10 volte a studiare i fori (cosa giustissima per carità) fino all'ultima scheggia, si provi a riflettere anche in modo leggero sulla periferia abusiva.»
Condivido questo passaggio, occorre saper osservare la città nella sua complessità senza prevaricazioni sociali e architettoniche.
Credo che sia questo il compito delle nuove generazioni ricostruire l’Italia della post-cementificazione selvaggia degli ultimi quarant’anni.
È successo. Occorre ripensare le nostre città
Mi piacerebbe un parere onesto degli attori di questa devastazione, ma non c’è tempo da perdere per futili chiacchiere accademiche.

---> Pietro,
non avevo dubbi sulla tua non risposta.
Mi rincresce solo che lo dici altrove.
Che sia chiaro, io non me la prendo con l’uomo Pietro Pagliardini (sarebbe misero) ma con le idee espresse da Pietro Pagliardini, credo che i miei commenti sono sempre argomentati forse sono troppo densi, aprono orizzonti e non si chiudono dietro idee definitive.
Ovvio sono diretto, poiché siamo in un blog, odio la retorica.
Ripeto nessun attacco personale (non ho nessun motivo per farlo) ma come in questo ultimo caso alla tua idea distorta del concetto de-costruttivista (perché il trattino).

Scusa se mi autocito in un mio recente post mi hanno posto una domanda:

AST & presS/Tletter: Non c'è critica, ma solo storia (Tafuri). Sei d'accordo?

SD: In parte. Tafuri ha presentato agli architetti italiani Peter Eisenman nel suo libro Five architects N.Y., in quel testo non esiste la parola decostruttivismo, termine che in seguito ha creato una totale confusione linguistica perché chi conosce il significato (dal vocabolario De Mauro: filos. scomposizione di un'elaborazione concettuale in un insieme di concetti allo scopo di analizzarli in modo comparativo e di relativizzarli storicamente) intuisce che l'architettura bisogna leggerla processandola, chi invece ha un cultura intuitiva cade in una sorta di ambiguità linguistica-figurativa del de-costruire, ovvero un'attività di smontaggio formale come le costruzioni Lego. Dato che, come dice Franco La Cecla: «gli architetti non leggono ma sfogliano» molti guardano l'aspetto e non lo sviluppo semantico dell'architettura creando una confusione storica. Bisognerebbe osservare la storia con conoscenza evitando la critica militante.
Link: http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2009/06/0025-mondoblog-archistar-o-archipov-2.html

A mio avviso lo stesso errore ‘concettuale’ del tuo recente post, niente di più.
Smile Peter, come dice Maurizio occorre :«riflettere anche in modo leggero sulla periferia abusiva.»
“Modo leggero.”

Saluti,
Salvatore D’Agostino

Pietro Pagliardini ha detto...

Maurizio, una cosa terribile degli architetti (ne parlo come se io non facessi parte della categoria, tanto mi è insopportabile questo atteggiamento) è che parlano e lavorano solo per sè stessi e pretendono che gli altri, cioè milioni di persone, subiscano le loro prove ed esperimenti sulla propria pelle, come se fosse un atto dovuto.
Creare un ambiente invivibile, avere distrutto le città non è avere sbagliato un quadro o una scultura: l'architetura incide profondamente sulla vita degli uomini. Arte e architettura non sono la stessa cosa, questo è il dato fondamentale e l'equivoco che ci portiamo dietro da 80 anni!
Il purismo pittorico tradotto in architettura crea disastri.
Certo che nell'architettura c'è anche arte ma guai a confondere le due cose. Se, ad esempio, per fare arte, qualcuno decide di incendiare una foresta, sarà lecito pensare che quell'artista sia un criminale?
E' la stessa esatta cosa che la città: la foresta fa parte dell'ambiente naturale, la città è l'ambiente antropico costruito dall'uomo, anzi l'ambiente naturale dell'uomo e non si può distruggere l'ambiente di vita dell'uomo impunemente pensando che è stato un esperimento dovuto per crescere. Tanto più che non siamo cresciuti ma regrediti e gli altri devono subire i nostri folli esperimenti.
Sto preparando un post con un brano meraviglioso di Caniggia e Maffei che molto meglio di me spiegano la pochezza, anzi l'inesistenza disciplinare dell'architettura e la nullità della critica.
In ogni società che si rispetti chi sbaglia paga: io non chiedo di pagare a nessuno, troppi sarebbero e saremmo i responsabili ma almeno abbiano e abbiamo il buon senso di prendere atto dell'errore e cambiamo rotta.
Mi sembra proprio il minimo.
Ciao
Pietro

Maurizio Arturo ha detto...

Caro Pietro,
condivido la tua amarezza e capisco che (come la legge,) l'architettura non ammette ignoranza.
Hai ragione, i cittadini non possono essere trattati come cavie e gli architetti dovrebbero scendere dai loro piedistalli e uscire dalla loro campana di vetro fatta di fogli e disegni.
Ma sono sicuro che gli intenti (di alcuni) di coloro che disprezzi fossero nobili.
Tra la teoria, le parole, le chiacchiere e la pratica c'è un'abisso.
I palazzinari, gli speculatori, gli arraffoni... sono stati dei soci nemici che hanno contribuito in maniera significativa all'anti-antropizzazione della città.
Come le industrie alimentari ci sfamano e ci avvelenano allo stesso tempo, così l'architettura non può non avere effetti collaterali, non mi viene alla mente nessun mestiere più intricato.
Le conoscenze sociologiche, sanitarie, micro-climatiche, ecc.. che abbiamo oggi, non c'erano 50 anni fa e le periferie dei primi del novecento erano quelle dei quartieri proletari senza fognature ne acqua corrente, il salto di qualità mi sembra notevole.
Lo scenario che si presenta a noi è complicato dal punto di vista sociologico, quello che si presentava di fronte agli architetti avanguardisti (ricordiamo anche che dal barocco si parla già di arte moderna) era complicato da tutti i punti di vista, "creare" società era quasi impossibile.

Non dimentichiamo neanche che le moderne periferie non sono arrivate un bel giorno come d'incanto e messo radici, prima dello stato attuale ci sono state molteplici tentativi, tutti falliti, non vorrei partire dai fanasteri e simili, ma le periferie sono semplicemente quello che è sopravvissuto, e a sopravvivere (vedendola in maniera Pragmatista) è sempre la verità.
Quindi se le periferie non vanno, verranno semplicemente modificate, integrate, alleggerite o appesantite, fino a quando non si troverà l'equilibrio; è una legge fisica, i sistemi tendono ad equilibrarsi.
La città storica ha avuto millenni per trovare un equilibrio e la periferia sta semplicemente cercando il suo.

Solo da pochi anni le periferie hanno degli "indigeni", credo che per trarre alcune allarmanti conclusioni sia ancora troppo presto.
Pensiamo a come risolvere i problemi che ci si presentano, non buttiamo 100 anni di studi e ricerche nel cesso.

Gli errori ci sono e sono tanti e pericolosi, ma preferisco avere le cicatrici degli errori (preferibilmente solo di quelli miei, ma non è possibile) che vivere nella completa atarassia di una tradizione imposta e senza vie di fuga.

La sola cosa che spinge a correre tali rischi per la propria coscienza, è il sogno di poter migliorare le cose.

Mi scuso per il "modo" strampalato di scrivere usato nel commento, ma vado di fretta e comunque mi ricorda tanto la periferia.

P.S. Non è tutto colpa degli Architetti, dicendo così gli si da un potere (ed una conseguente responsabilità) che non hanno.

Maurizio Arturo ha detto...

Perchè invece di dibattere (a volte) aridamente su convinzioni degli altri (nostre) delle quali non conosciamo fino in fondo le motivazioni, non cerchiamo di tirare prima le somme?

Cosa c'è che non va?

Perchè non va?

Come si potrebbe risolvere?

Non è importante di chi sia la colpa, l'importante è che la situazione si risolva.

Pietro Pagliardini ha detto...

Maurizio, io non cerco mai colpe e colpevoli in maniera fine a se stessa, specie se passate. Semmai cerco le cause che hanno provocato il disastro di oggi e che purtroppo non vengono rimosse e continuano ad operare in assoluta tranquillità.
Quanto alle altre con-cause che tu citi sono sicuramente vere e presenti ma, poiché io sono architetto guardo in casa mia e poi citare sempre la speculazione significa, alla fine, lamentarsi a vuoto oppure fare un discorso squisitamente di tipo politico che è sicuramente utile ma non oggetto dei miei interessi diretti. Oppure ancora ci si rivolge ad un tipo di urbanistica che ha certamente una sua dignità, quale ad esempio quella di Edoardo Salzano nel suo sito Eddyburg, ma che, pur animata da intenzioni buone, alla fine da quarant'anni è stata sempre al gioco di un tipo di urbanistica procedurale e/o politica che non ha risolto niente ed anzi, a mio avviso, ha contribuito a peggiorare le cose.
La tradizione, che non vedo proprio a chi sia imposta come tu dici essendo sbeffeggiata da tutti, non è ritorno nostalgico al passato ma è la presa d'atto di una forza viva da cui attingere per creare città e architetture migliori. A me piace pensare al futuro ma guardando al passato. E poi bisogna liberarsi di queste gabbie mentali di una modernità astratta cercando solo ciò che è meglio per la città. Se c'è qualcosa di buono nel presente che ci può aiutare ben venga ma per ora vedo solo il conformismo di un ambientalismo eco-pannellaro che è, se va bene, una soluzione tecnica parziale, se va male una trovata pubblicitaria per veicolare qualsiasi progetto, oppure un'architettura glamour adatta alle riviste di moda. Altro non vedo all'orizzonte.
Saluti
Pietro