domenica 12 ottobre 2008

La pubblicità?ha bisogno di pubblicità

Un interessante articolo apparso su job24.ilsole24ore.com, di Nikos A. Salingaros, mi trova d'accordo su alcuni punti e in disaccordo su altri (certo lui è più catastrofista di quanto in non sia mai stato).

Uno dei punti su cui ho voluto riflettere, è quello relativo al fatto che molte archistar si rivolgono ad Agenzie di Relazioni Pubbliche.
Non ritengo certo la cosa scandalosa, soprattutto con i tempi che corrono e la concorrenza serrata.
Le pubbliche relazioni sono una parte importantissima del mestiere dell'Architetto.
In passato la pubblicità se la facevano da , a corte, in piazza e con le loro opere, ora non è più così semplice (semplice per modo di dire).
Oggi l'Architetto deve farsi conosce ad una platea più vasta (dipende dal suo target)... quindi la lotta si combatte a colpi di pubblicazioni (a volte inutili), di comparsate in trasmissioni televisive (spesso inutili), di Conferenze (a volte inutili).... ma è la legge del mercato; oggi un architetto di Fregene, può ritrovarsi a vincere un concorso a Santiago del Cile (ma deve sapersi pubblicizzare) .  
Grazie alle nuove tecnologie e alla globalizzazione la cosa si fa molto più sottile, non bastano più 2 chiacchiere con la persona giusta (o almeno lo spero)
Nell'articolo sembra si parli quasi di raggiro nei confronti delle genti (anche se soprattutto per una serie di altre ragioni).
Credo che le Architetture (che sono pubblicità sia per il loro Committente che per il loro Architetto), abbiano bisogno esse stesse di "bucare di più lo schermo".....cioè... anche gli edifici devono rivaleggiare sull'ambiente internazionale (quelli con questa vocazione).... di conseguenza le forme divengono sempre più aliene, strane, assurde.... perché altrimenti passano inosservate.
E così gli edifici della globalizzazione saranno sempre più come una ragazza (magari bella), ma decisamente troppo truccata, e le ragazze che arriveranno dopo di lei, si truccheranno sempre più, per essere più visibili (e magari rubare il pubblico alle altre).... e voi tutti sapete cosa sembra una ragazza che si trucca troppo.

Magari l'architettura pornografica è proprio questa (scusate non ho approfondito Koolhaas, lascio il dubbio).

Fortuna che c'è ancora qualcuno che le ragazze le preferisce acqua e sapone.

Indagherò....





7 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao!
Guarda caso, proprio oggi ho iniziato un corso collegato a quello di laboratorio, su "fotografia, cinema e televisione" e il professore ha messo in luce alcuni aspetti che mi ritornano utili proprio per commentare questo articolo.
Io credo, che al di là delle pubblicazioni, delle conferenze, delle trasmissioni, sia ancora più importante, focalizzare su strumenti quali la fotografia, appunto, poiché, a mio avviso, è uno strumento che produce immagini che riescono a parlare ad un pubblico sicuramente più vasto. Mi spiego meglio: è molto più semplice che io studente (o in generale persona interessata di architettura) acquisti una rivista, piuttosto che mi rechi ad una conferenza a Roma, poiché vivo a Napoli, o segua la Biennale a Venezia, ancora una volta poiché vivo a Napoli ... e così via. Grande sarà l'impatto che sulla mia immaginazione e sulla mia memoria avranno le foto riportate sulle riviste o sui libri. La fotografia diventa in questo caso, uno strumento di pubblicità potentissimo che modella e manipola l'immaginario mio e di tutti coloro che devono ancora formare una propria opinione in materia.
Ritornando al corso di stamattina, quello che è emerso (come scritto nell'intervento), è che oggi esiste uno star system di architetti, cosa che induce a ritenere (spesso, aimè) "belle" o meglio "apprezzabili", alcune architetture semplicemente perché sono state realizzate da una "star". Gran parte di questo merito va proprio ai fotografi di architettura, che si sono ormai affermati, e che hanno creato a loro volta uno star system. Il problema è che la bravura di questi fotografi consiste proprio nel far apparire bello ciò che magari non lo è, o migliore ciò che è discreto. Ovviamente, credo che alla base di tutto ci sia il fatto che purtroppo, l'architettura si diffonde prevalentemente (come già dicevo) tramite le immagini riportate sulle riviste o sui libri del settore.
Un'immagine per quanto possa esprimere moltissimo in pochi centimetri quadrati, spesso (e direi volutamente) non mostra il contesto nel quele l'ultima opera di Renzo Piano o di Gehry sia stata da loro inserita. Tutto ciò porta, credo, ad almeno due conseguenze: 1-l'architettura in questione viene "menomata" poiché viene tagliato fuori il rapporto con il circostante che dovrebbe, invece, essere una linea guida della progettazione; 2- se malauguratamente quello che la foto tende a "tagliare", non viene tagliato poiché non esiste, be' allora quella foto fatta ad arte diventa doppiamente ingannatrice: quell'opera sulla rivista sarà anche la più interessante che abbia mai visto, ma nel momento in cui mi troverò dal vivo, faccia a faccia con quell'architettura, mi renderò conto (con un po' di delusione) che potrebbe essere indifferentemente lì dov'è stata costruita, ma anche vicino casa mia, a Napoli, a Roma o New York.

Nicoletta

Maurizio Arturo ha detto...

Ciao Nicoletta,
è sempre un piacere leggerti.
Sono praticamente d'accordo con te su tutta la linea...
Hai ragione nel porre sotto i riflettori i fotografi di Architetture (che devono avere la laurea in Architettura per poter esercitare), a cui più di un Architetto deve accendere un cero ....
Probabilmente si tende a considerare la fotografia come infallibile trasposizione del reale, che non ci si preoccupa di interpretare (non la si guarda con diffidenza come si fa con i Render o gli Acquerelli).

L'ultima parte del tuo discorso la riassumerei con 2 parole:"Frustrazioni Architettoniche" he he he he

Giovanna ha detto...

ma lo sai che non ti facevo così pieno di idee e opinioni??? Mi stupisci!

Anonimo ha detto...

Rieccomi :)
Stavo leggendo “Comporre l’architettura” di Franco Purini (Universale Laterza), e a pag 26-27 (così chi ha il libro magari può dare un’occhiata) c’è un passaggio che mi è sembrato interessante perché mette in luce un aspetto della questione di cui si discute in questo post, che forse non è emersa nei precedenti commenti.
“Secondo la lettura che Gianfranco Neri e Paolo Zoffoli hanno dato dalla ricerca degli ultimi vent’anni nel loro L’architettura dell’immateriale, costruire un edificio non sarà più la prima finalità dell’operazione progettuale, che invece andrà identificata nel fabbricare un’immagine mediatica del manufatto stesso, un’icona dotata dei requisiti dell’istantaneità della ricezione, della massima intensità del messaggio, della complessità figurativa sintetizzata in una sorta di ideogramma visivo.” E due pagine dopo: “… l’architettura vede alla triade prima ricordata (firmitas-utilitas-venustas …. Ovviamente l’onnipresente Vitruvio :)) sostituirsi le tre nuove, discutibili categorie della novità, della spettacolarità, dell’atopicità.”
E’ un po’ guardare dall’altra parte il problema, a me sembra cioè, che con queste parole si tenti di capire che cosa abbia effettivamente portato alla mera mercificazione dell’architettura. Insomma, le cause del problema non possono solo essere attribuite ai fotografi da un lato o agli architetti dall’altro. Semplicemente, è cambiato il mondo, sono cambiate l’esigenze. Esigenze più presunte che reali, credo.

Nicoletta

Maurizio Arturo ha detto...

Ciao Nicoletta, è sempre un piacere leggerti.
Non sapevo che i testi del molfema vivente (F.Purini) raccogliessero ancora consensi.
Spero di poter fare l'esame con lui il prossimo anno (è il più veloce hehe).
Tornando a noi, una simile lettura rende ancora più complesso il panorama.
Io non ritengo sia possibile fare architettura non seguendo la Triade Vitruviana, credo basti una rilettura in chiave moderna.
Dove l'Ulititas secondo alcuni non è più al primo posto (sò che è un errore metterla al primo posto, ma visti i tempi che corrono serve una strigliata), la Firmitas è "ribaltata"(rispetto al passato) facendo edifici che non si sà come si tengono su (sia in termini di lettura visiva che statica)e la Venustas che prende il sopravvento, trasformandosi in mass-media.

domo ha detto...

questo post, e i suoi commenti, sono così pieni di spunti da poterci dedicare un altro post (e forse così sarà).
e anche le affermazioni schock di Betsky, di cui si è parlato in un post precedente, l'architettura non è il costruire..ecc ecc mi portano a riflettere sull'eterna domanda: che cos'è l'architettura?e quale deve essere il suo ruolo?come fa notare il post oggi sembra che questo ruolo sia quello di fare notizia, di calamitare turisti grazie alla propria straordinarietà, di diventare in qualche modo alla moda.questo sembra quello che cercano i committenti, che offrono gli architetti e che apprezzano le masse.ed è quello che produce poi architetture che a me sembrano autoreferenziali.si potrebbe disquisire per ore...mi limiterò a dire sono frustrato perchè ho difficoltà nel capire quali architetture hanno un valore...e quali passeranno di moda come la felpa con su scritto fiat....

spero che maurizio indagherà anche su questo......

Maurizio Arturo ha detto...

Maurizio non può indagare su tutto (però ci prova).

La "felpa con su scritto FIAT" mi sembra un buon termine di paragone.
Ha fatto successo (diciamo), tutti l'hanno comperata (spero di no), è stata copiata (si è trasformata, vedi quelle con la scritta "NAPOLI" ecc..), qualcuno l'ha indossata (gustibus), tutti l'hanno nascosta nel cassetto più basso (qualcuno l'ha usata per pulire il forno, ragà c'è crisi non si butta via niente).
Credo si possa riassumere così la vita di molte architetture moderne e contemporanee.