Guardando gli edifici (almeno quelli delle Archistars) è facile risalire all'Architetto che li ha "partoriti", ma quanto è giusto avere uno stile "proprio"? O meglio, come si fa ad avere architetture tanto diverse?
Se L'Architetto è uno "strumento" della società, atto a regolare (e creare) lo spazio antropico, il suo stile dovrebbe rispecchiare la società (che lo ha formato o che lo ospita) e non dovrebbero esserci grandi differenze tra gli stili dei diversi architetti (tanto più con la società della globalizzazione).
Questo per estremizzare, è chiaro che accade di rado, perché ognuno ragiona con la propria testa e magari partendo (anche) dagli stessi presupposti, si possono raggiungere risultati diametralmente opposti (più o meno condivisibili).
Ma cosa vuol dire "avere uno stile"?....Quanto ha a che fare con l'ego di una singola persona (che sarebbe poi l'Architetto?)?
Magari è solo il manifestarsi di tutto un bagaglio culturale, non personale, ma di tutta "una" società, sulla punta della matita di un Architetto che fa le stesse ricerche, ma con punti di vista (o analizzando aspetti) differenti, rispetto ad un'altro Architetto con un differente "stile".
Ma cosa succede nelle grandi metropoli (e non solo) dove le culture si intrecciano e nascono nuove società (vedi sempre la globalizzazione)?
A rigor di logica si creano nuovi "stili", che però essendo sporadici e mescolati fra di loro, divengono difficilissimi da gestire e da analizzare.
5 commenti:
Io non credo che si possa parlare di narcisismo (premetto che io vedo sempre del buono in tutto ahahha). Le opere delle "archistar", ma come del resto credo quelle di qualunque altro architetto, sono il frutto di una lunga e constante ricerca che può durare un vita intera. Ognuno cerca una propria strada, un sentiero da seguire, ed ogni opera risulta così essere la risposta, seppur ovviamente momentanea, a quell'assillante interrogativo. Ciascuna risposta diventa poi il trampolino di lancio della successiva e così via. Forse, lo stile (quindi) viene di conseguenza.
E' pur vero, che senza conoscere l'autore di un'architettura, spesso, conoscendo opere precedenti di diversi architetti, è facile capire, proprio dallo 'stile', chi sia il padre di un'opera. E tutto ciò è possibile sempre per quello che dicevo prima.
Il problema, da te esposto, della difficoltà di gestione e di analisi di questi "stili", deriva forse dal fatto che sono così diversi tra loro da impedire una chiara definizione o classificazione. Nel mondo in cui viviamo, tutto cambia con tale velocità da non avere il tempo di sedimentarsi e di entrare nell'immaginario comune delle persone e diventare Stile (con la S maiuscola). Si dovrebbe più parlare di espressione, di tendenza, di un linguaggio non ancora chiaramente definito e consolidato, tale cioè da permetterci di riconoscerlo senza ambiguità.
Voglio dire, oggi se pensiamo allo stile gotico, probabilmente ci viene da pensare alle cattedrali, e al di là delle differenze che esistono tra i diversi esempi, sapremmo dire quali sono gli elementi che le caratterizzano: archi a sesto acuto, pinnacoli, archi rampanti, vetrate ... Ma se ci trovassimo a dover rispondere alla domanda: descrivi un tipica chiesa del '900 - che cosa potremmo dire??????? Se abbiamo esempi che vanno da Ronchamp alla chiesa di San Pio di Renzo Piano???
ps Nicoletta
ahah
Carissimo qui avete sollevato a mio avviso il problema amletico dello stile di un architetto!!
Ehehe..è difficile prendere una posizione netta al riguardo, io anche come Nicoletta credo che il progetto sia un lungo percorso di ricerca, che oltretutto non arriva mai a una forma compiuta, definita ma si ferma solamente per questioni pratiche, di mercato.
E a sua volta la carriera di un architetto è spesso una evoluzione( o involuzione)che va al passo con la società con cui si viene a contatto; l'esempio che posso riportare è il grande ed immortale( eè proprio il caso di dirlo) Oscar Niemeyer che in uno dei suoi ultimi progetti l'auditorium di San Paolo del 2005 arriva ad un progetto a dir poco attuale e innovativo nel genere che forse pochi di noi(pazzi studentelli) arriveremmo a pensare!
Marco
Beh , ho letto in ritardo il post che ha preso spunto da una mia osservazione , ma commento ugualmente .
Personalmente penso che l'architettura è il frutto anche e soprattutto della società.
Non ci sarebbe mai stata la creazione dei grattacieli senza una società del capitalismo che puntava allo sfruttamento massimo dei lotti di terreno, nè il problema delle periferie urbane senza l'industrializzazione , e così via.
L'architettura è anche derivante dalla sua committenza , pensiamo all'Art Nouveau , e alla raffinatezza delle decorazioni di Hortà , Van de Velde , e alle possibilità dei borghesi di poter permettersi certi lussi...
Ma è da notare che negli stessi anni, ad esempio durante l'attività di Hortà , c'erano tante visioni diverse dell'architettura .
Oggi ci sono una miriade di materiali , oltre che una miriade di forme ...ogni architetto predilige le sue .
Zaha Hadid ama la sinuosità della curva e odia i volumi ricchi di spigoli.
Lo stesso Calatrava...
Ma ci sono altri che amano le forme ben definite , taglienti .
E' una questione di gusti , filosofia del progettare...
Una cosa è certa..chi più e chi meno..le architetture di oggi rappresentano a pieno la nostra società e in questo difficilmente falliscono...c'è l'omologazione, le microculture, le speculazioni, i progressi tecnici e tecnologici, l'attenzione per l'ambiente, l'assistenza per i malati, la cura per i diversamente abili ecc... nelle Architetture (anche quelle cattive), troviamo sempre un frammento della nostra società..e nelle migliori di queste, anche qualche cosa di più intimo dell'uomo, dello spazio e a volte di noi stessi.
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